Social network, le aziende cuccano ogni tuo post: licenziamento in tronco per chi scrive messaggi con questo contenuto | Vogliono metterti il bavaglio
Presta moltissima attenzione al modo in cui utilizzi i social network, le aziende possono usare ogni tuo post per puntare al licenziamento in tronco.
Durante gli ultimi anni la giurisprudenza si è espressa in molte occasioni circa l’utilizzo dei social network in modo modo tale da disciplinare eventuali reati penali, come nel caso della diffamazione che adesso può avvenire anche tramite mezzo social esponendo prove del misfatto facendo affidamento agli screenshot.
In questo contesto rientrano anche i commenti scambiati tra persone, i quali possono essere oggetto di un contenzioso e non solo, dato che adesso anche le aziende per le quali lavori possono utilizzare tali esposizioni sui social network per avvalersi giuridicamente contro chi li ha compiute, così da poter procedere in diverse vie.
Non a caso, recentemente un’azienda intervenuta in tal senso contatto di licenziamento in tronco nei confronti del proprio dipendente a seguito di una dichiarazione fatta su una famosa piattaforma social.
La notizia ha subito fatto il giro del web, ma ciò che più lascia senza parole è stato l’intervento della Suprema Corte con ordinanza 12142 del 6 maggio 2024.
Attenzione a come usi social network, l’azienda per cui lavori può intervenire
Come abbiamo avuto modo di spiegare precedentemente, sono numerosi gli spunti per poter intervenire e correggere un comportamento non idoneo tenuto sui social network che rispecchiano in toto la nostra personalità e persona, anche da un punto di vista legale. In sostanza non si può farla più franca.
A catturare l’attenzione dei media è stato il caso di un uomo che ha pubblicato un post nella sua pagina Facebook ufficiale parlando della sua azienda in modo negativo, tali dichiarazione è stata intercettata dei suoi datori di lavoro che ne hanno fatto uno screenshot ponendolo come prova per il suo licenziamento in tronco. Alla base di tutto troviamo le offese che sono state effettuate nei confronti dell’azienda, la quale ha voluto interrompere ogni rapporto rapporto con l’uomo in questione. Gli avvocati del licenziato per giusta causa, hanno cercato di intervenire in tribunale affermando che il documento che attestava lo screenshot non poteva essere ritenuto un documento ufficiale, in quanto non vi sono più le tracce della dichiarazione in questione. Richiesta che è stata rigettata dai giudici che si stavano occupando del caso, i quali hanno dato ragione all’azienda di riferimento.
La sentenza della Suprema Corte
Come abbiamo avuto modo di spiegare precedentemente, a intervenire sulla questione è stata anche la Cassazione, alias a Suprema Corte, attraverso la pubblicazione dell’ordinanza 12142 risalente a 6 maggio scorso.
Il tutto non finisce di certo qui, perché anche un eventuale rimozione del posto in questione potrebbe non essere sufficiente a consentire il reintegro al lavoro così come sancito dalla Corte di Cassazione il 27 aprile del 2018 con sentenza numero 10280: “In tema di licenziamento disciplinare, costituisce giusta causa di recesso, in quanto idonei a ledere il vincolo fiduciario del rapporto lavorativo, la diffusione su Facebook è un commento offensivo nei confronti della società datrice di lavoro, integrando tale condotta gli estremi della diffamazione, Per l’attitudine del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del messaggio tra un gruppo indeterminato di persone”.