Il posto fisso esiste davvero? Non è come ti hanno fatto sempre credere | La legge parla chiaro
Che cosa prevede davvero un rapporto di lavoro a tempo indeterminato? Ecco come funziona davvero il posto fisso secondo la legge italiana.
Il mercato del lavoro si sta trasformando a livello globale in una realtà sempre più fluida e ibrida, e la prospettiva dell’agognato posto fisso appare sempre più anacronistica e irraggiungibile.
Esso garantisce infatti parecchie tutele al personale, nonché una serie di agevolazioni che permettono di accendere mutui e finanziamenti, di sfruttare appieno la maternità e usufruire di periodi malattia, ferie e regolari roll. Tale formula, però, sembra destinata ad estinguersi entro pochi anni.
Sempre più aziende, in effetti, puntano su assunzioni a tempo determinato, siano esse full-time o part-time, su collaborazioni occasionali oppure su prestazioni effettuate da lavoratori autonomi, e la rosa dei tutelati si restringe di anno in anno.
Ma cosa prevede davvero un’assunzione a tempo indeterminato? Scopriamo cosa stabilisce davvero la legge dopo il Jobs Act, e se nel 2023 il posto fisso si riveli davvero così desiderabile.
Posto fisso: ecco in cosa consiste, diritti e doveri del lavoratore
Il lavoro a tempo determinato è un contratto di lavoro stipulato con l’azienda che impegna il lavoratore a prestare servizio senza alcun vincolo di durata e di scadenza, a fronte di una regolare retribuzione pattuita. Il Jobs Act ha implementato le tutele per tutti gli assunti a partire dal 7 marzo 2015, come la regolamentazione del licenziamento illegittimo.
Ad oggi il reintegro del lavoratore è previsto solo per specifiche situazioni (ad esempio, in caso di licenziamento discriminatorio), e nei restanti casi il dipendente ha diritto a un’indennità risarcitoria proporzionale all’anzianità lavorativa. Il Jobs Act ha inoltre lanciato alcune agevolazioni per le aziende che intendano assumere lavoratori a tempo indeterminato, come lo sconto pari al 40% sui contributi INPS per ogni collaboratore. Il posto fisso può essere di tipo full-time (40 ore settimanali), oppure part-time; nella seconda ipotesi può essere stipulato un orario orizzontale (ridotto nell’arco della giornata), oppure verticale (lavoro a giorni alternati durante la settimana, a seconda delle esigenze aziendali). Il CCNL di riferimento stabilisce inoltre che il periodo di prova massimo cui il lavoratore può essere sottoposto non deve mai superare i 6 mesi, al termine dei quali il contratto può essere sciolto da una o da entrambe la parti; in caso contrario il dipendente entra effettivamente a far parte dell’organico aziendale. Detto periodo di prova, però, dev’essere vergato nero su bianco sul contratto, e sottoscritto sia dal lavoratore che dall’impresa: se orale, si considera nullo, ed il dipendente risulta automaticamente assunto dopo la firma.
Posto fisso: le regole per la retribuzione
Lo stipendio deve rivelarsi proporzionale alla qualità e alla quantità di lavoro svolto, e la retribuzione minima viene stabilita dal CCNL di riferimento, nonché dal livello contrattuale con cui il dipendente viene assunto.
Attenzione: tale compenso non può scendere sotto ai limiti salariali minimi previsti. Il lavoratore che ravvisi qualche anomalia in tal senso nei documenti di assunzione può rivolgersi al Tribunale per ottenere quanto gli spetta ai sensi di legge.